Essere felici al lavoro: un fattore di successo

Essere felici al lavoro: un fattore di successo

Essere felici al lavoro si può? Certo. E deve essere la norma, non l’eccezione.

Per te stesso: quando sei felice, sei più sano, più vitale, più allegro, più sociale. Per le organizzazioni: i dipendenti più felici sono più coinvolti, più produttivi, più cooperativi, più creativi e più innovativi”.

Le aziende che mettono la felicità dei loro dipendenti nella lista delle priorità sono più produttive e redditizie e capaci di attirare i talenti migliori, secondo una ricerca realizzata dalla American Institute of Public Opinion (società di consulenza e analisi che misura il livello di felicità percepito nel mondo)

I dati raccolti dalla American Institute of Public Opinion parlano chiaro: le aziende che mettono al centro delle loro politiche il benessere dei dipendenti hanno tutta una serie di benefici:

  • + 21% di produttività
  • – 37% di assenteismo
  • – 65% di turn over
  • + 21% nella soddisfazione dei clienti

E il dato che più conta: le aziende che adottano policy sulla felicità dei dipendenti aumentano la loro redditività di ben il 22%

IL MANIFESTO DELLA FELICITA’ AL LAVORO

Ma cosa vuol dire poi un luogo di lavoro felice? A fare chiarezza ci ha pensato Alexander Kjerulf, che con la sua organizzazione, aiuta le aziende a garantire benessere ai propri dipendenti. Kjerulf ha creato un Manifesto dove, in 25 punti,  spiega quello che bisogna sapere per essere felici sul luogo di lavoro. Ecco alcuni dei punti più interessanti del manifesto, che dovrebbero essere recitati come un mantra.

  1. La felicità al lavoro è una mia responsabilità.Anche se il capo, i dipendenti e i colleghi, contribuiscono alla mia felicità sul luogo di lavoro, la responsabilità del mio benessere è mia e soltanto mia.
  2. So che la mia felicità sul lavoro determina la mia felicità nella mia vita.Una cattiva giornata di lavoro non può essere totalmente scrollata di dosso quando si torna a casa. Mentre una giornata di lavoro buona in ufficio mi offre energia per trascorrere una grande serata. E una settimana di lavoro soddisfacente mi dà la carica per affrontare un weekend felice.
  3. So che la felicità sul lavoro non arriva dall’assenza di aspetti negativi in ufficio.Tutti i luoghi di lavoro hanno persone spiacevoli con cui avere a che fare, clienti troppo esigenti e altri fattori di stress. Quello che devi fare è ridurre più che puoi la negatività, ma non potrai mai del tutto eliminarla. Se aspetti che lo stress scompaia, non sarai mai felice.
  4. Do prima degli altri. Se penso che gli altri non mi apprezzano, devo essere io ad apprezzare loro.Se gli altri non mi ascoltano, devo prestare prima io orecchio alle loro parole. Sono io a dare il buon esempio.
  5. Il migliore modo per essere felici a lavoro è rendere felici gli altri.Non avrebbe alcun senso lavorare per essere l’unica persona felice in ufficio. La felicità è contagiosa. E la perderei subito se fossi l’unico ad averla.

LA FIGURA DEL CHIEF HAPPINESS OFFICER

La figura del Chief Happiness Officer (CHO) è nata alcuni anni fa negli USA (dove la felicità è un diritto costituzionale) e sta prendendo sempre più piede all’interno della grandi organizzazioni internazionali. Ma chi è e cosa fa questo “manager della felicità”?

La sua figura è trasversale ai diversi compartimenti aziendali e ha come compito e obiettivo il benessere comune dei lavoratori e delle organizzazioni.

Il CHO misura il livello di felicità dei dipendenti e identifica e mette in atto strategie e politiche di welfare per allenarlo e svilupparlo. La sua azione si sviluppa dall’analisi del contesto per individuare strategie sostenibili per aumentare la soddisfazione dei dipendenti e permettere all’azienda di crescere, migliorare e incrementare il proprio fatturato.

In buona sostanza il CHO ascolta i dipendenti e dialoga con loro, riconosce e analizza le necessità del gruppo di lavoro, agevola la comunicazione, si assicura dell’esistenza e del rispetto dei diritti di base, sostiene la libertà di tempo, spazio e parola e promuove la crescita e la mobilità.

In tal senso, collabora con la dirigenza per valorizzare i percorsi di carriera, mettendo a punto programmi formativi ad hoc.

C’è molto interesse dal punto di vista aziendale su questi argomenti. Persone felici producono di più e ciò significa più reddito e più entusiasmo.

LA FELICITA’ PAGA

Competitività e successo delle imprese, oltre che per il raggiungimento di specifici obiettivi aziendali, passano anche, e forse soprattutto, per il grado di felicità, soddisfazione e coinvolgimento delle proprie risorse.

 

Ma la felicità non può diventare un’etichetta, un bollino da applicare a un’azienda, un certificato di garanzia, ma deve riguardare le singole persone e come esse vivono l’esperienza del lavoro. Un’azienda che si muove verso la ricerca della felicità dei propri dipendenti è illuminata: è il tema della responsabilità sociale. Il profitto per il profitto non può essere il fine ultimo.

Per concludere, essere felici al lavoro non solo si può, ma rappresenta una grande opportunità di sviluppo per tutte le organizzazioni e i leader che le guidano.

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